Molto
apprezzate sono state anche le sue performance come
autore ed attore teatrale; è stato iniziatore, assieme
a Sandro Luporini del "genere" del teatro canzone. Luporini
diventerà il coautore di tutta la sua produzione musicale e
teatrale più significativa.
Tra le prime canzoni scritte insieme, Così felice e Barbera e champagne. Le canzoni di maggior successo, Trani a gogò, Porta Romana, Torpedo Blu, fruttano a Gaber molte apparizioni televisive. Dopo San Remo e collaborazioni con, tra gli altri, Mina, Franco Battiato, il Quartetto Cetra, Dario Fo, nel 1970 Gaber rinuncia all'enorme successo televisivo e porta "la canzone a teatro ", si sentiva “ingabbiato” nella parte di cantante e di presentatore televisivo, costretto a recitare un ruolo. Lascia questo ambiente e crea il personaggio del signor G, il quale non recita più un ruolo: recita se stesso.
Tra le prime canzoni scritte insieme, Così felice e Barbera e champagne. Le canzoni di maggior successo, Trani a gogò, Porta Romana, Torpedo Blu, fruttano a Gaber molte apparizioni televisive. Dopo San Remo e collaborazioni con, tra gli altri, Mina, Franco Battiato, il Quartetto Cetra, Dario Fo, nel 1970 Gaber rinuncia all'enorme successo televisivo e porta "la canzone a teatro ", si sentiva “ingabbiato” nella parte di cantante e di presentatore televisivo, costretto a recitare un ruolo. Lascia questo ambiente e crea il personaggio del signor G, il quale non recita più un ruolo: recita se stesso.
Quindi
“una persona piena di contraddizioni e di dolori”, un signore
come tutti. Il signor G è un signor Gaber, che sono io, tu,
noi, insomma, che tentiamo una specie di spersonalizzazione per
identificarci in tanta gente. Oltre a inventare un nuovo personaggio,
crea un nuovo genere: lo spettacolo a tema con canzoni che lo
sviluppano, inframmezzate da monologhi e racconti. Continua così
per trent'anni e purtroppo non ha il seguito sperato, la televisione
ingloba la massa popolare e i suoi lavori diventano, tranne alcuni
casi, esperienze di nicchia ma non per questo perdono valore: canzoni
come la
libertà, il
conformista, la
leggerezza, far
finta di essere sani,
monologhi e racconti che parlano di una grande varietà di temi
e senza mai perdere l'ironia e la voglia di far riflettere su temi che, se gli avessero dato ascolto, il mondo oggi sarebbe un po' diverso.
Quando
nel suo ultimo album scrive: “La mia generazione ha perso” non è
per finta ma nemmeno per autolesionismo. Grida che qualcosa è
finito, qualcosa che era un sogno grande, e di tanti. Lui, che era
nato come cantante di successo, ci aveva creduto e aveva mollato
tutto per il teatro, l'impegno, il sociale. Usa i mezzi di
comunicazione per quello che sono e che valgono. Infatti la sua
lingua è netta, semplice, diretta. Non ha complessi
d'inferiorità verso la cultura alta, narcisistica,
autoreferenziale degli intellettuali all'italiana. In teatro ha
promosso un'audace convivenza di forme, dal monologo alla canzone. E
volta per volta, a seconda della necessità, la sua parola si è
fatta sberleffo, richiamo, emozione, disincanto, amarezza.