GIORGIO GABER

Giorgio Gaber è stato un è stato un cantautore, commediografo, regista teatrale ed attore teatrale e cinematografico italiano. 
Molto apprezzate sono state anche le sue performance come autore ed attore teatrale; è stato iniziatore, assieme a Sandro Luporini del "genere" del teatro canzone. Luporini diventerà il coautore di tutta la sua produzione musicale e teatrale più significativa.
Tra le prime canzoni scritte insieme, Così felice e Barbera e champagne. Le canzoni di maggior successo, Trani a gogòPorta RomanaTorpedo Blu, fruttano a Gaber molte apparizioni televisive. Dopo San Remo e collaborazioni con, tra gli altri, MinaFranco Battiato, il Quartetto CetraDario Fo, nel 1970 Gaber rinuncia all'enorme successo televisivo e porta "la canzone a teatro ", si sentiva “ingabbiato” nella parte di cantante e di presentatore televisivo, costretto a recitare un ruolo. Lascia questo ambiente e crea il personaggio del signor G, il quale non recita più un ruolo: recita se stesso. 
Quindi “una persona piena di contraddizioni e di dolori”, un signore come tutti. Il signor G è un signor Gaber, che sono io, tu, noi, insomma, che tentiamo una specie di spersonalizzazione per identificarci in tanta gente. Oltre a inventare un nuovo personaggio, crea un nuovo genere: lo spettacolo a tema con canzoni che lo sviluppano, inframmezzate da monologhi e racconti. Continua così per trent'anni e purtroppo non ha il seguito sperato, la televisione ingloba la massa popolare e i suoi lavori diventano, tranne alcuni casi, esperienze di nicchia ma non per questo perdono valore: canzoni come la libertàil conformistala leggerezzafar finta di essere sani, monologhi e racconti che parlano di una grande varietà di temi e senza mai perdere l'ironia e la voglia di far riflettere su temi che, se gli avessero dato ascolto, il mondo oggi sarebbe un po' diverso.
Quando nel suo ultimo album scrive: “La mia generazione ha perso” non è per finta ma nemmeno per autolesionismo. Grida che qualcosa è finito, qualcosa che era un sogno grande, e di tanti. Lui, che era nato come cantante di successo, ci aveva creduto e aveva mollato tutto per il teatro, l'impegno, il sociale. Usa i mezzi di comunicazione per quello che sono e che valgono. Infatti la sua lingua è netta, semplice, diretta. Non ha complessi d'inferiorità verso la cultura alta, narcisistica, autoreferenziale degli intellettuali all'italiana. In teatro ha promosso un'audace convivenza di forme, dal monologo alla canzone. E volta per volta, a seconda della necessità, la sua parola si è fatta sberleffo, richiamo, emozione, disincanto, amarezza. 




« [Io se fossi Dio] è uno sfogo personale di uno che non ne può più della politica che si sta inserendo in tutti i settori della nostra esistenza, del grande presenzialismo dei politici […]. [Una] politica che entrava dappertutto e che usciva rafforzata dal delitto Moro, invece di venirne colpita. Le bandiere bianche e rosse in Piazza San Giovanni furono il momento dell'affermazione dei partiti, che da quel punto hanno dilagato in ogni settore del nostro vivere. »  1993.