P.I.L.


Il prodotto interno lordo è il valore totale dei beni e dei servizi prodotti in un Paese in un periodo di tempo (solitamente un anno) e destinato al consumo dell'acquirente finale, agli investimenti, alle esportazioni.
Spesso ne sentiamo parlare per il rapporto fra debito pubblico e P.I.L., ovvero il rapporto fra due valori che non c'entrano poco con la vera ricchezza di un paese.
Infatti il P.I.L. tiene conto solamente delle transazioni in denaro, e trascura tutte quelle a titolo gratuito: restano quindi escluse le prestazioni nell'ambito familiare, quelle attuate dal volontariato e dalle organizzazioni no-profit. 



Inoltre tratta tutte le transazioni come positive, cosicché entrano a farne parte, ad esempio, i danni provocati dai crimini (riciclaggio di denaro), dall'inquinamento, dalle catastrofi naturali. In questo modo il PIL non fa distinzione tra le attività che aumentano il benessere reale delle persone e quelle che lo diminuiscono: persino morire, con i servizi connessi ai funerali, lo fa crescere. 
A mio modo di vedere il P.I.L. è un metodo di valutazione della ricchezza di un paese ormai obsoleto e non democratico ed è uno strumento utile solamente a rafforzare la leadership dei banchieri che governano il sistema economico-finanziario in cui viviamo. 



« Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow Jones né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende l'inquinamento dell'aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana... Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione e della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia e la solidità dei valori familiari. Non tiene conto della giustizia dei nostri tribunali, né dell'equità dei rapporti fra noi. Non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio né la nostra saggezza né la nostra conoscenza né la nostra compassione. Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta » Robert Kennedy, 1968